In molti ricorderanno l’ACE, l’agevolazione introdotta nel 2011 per rafforzare il patrimonio delle imprese italiane (ACE è infatti l’acronimo di Aiuto alla Crescita Economica). In breve, si tratta di una deduzione – dal reddito imponibile netto – di un importo che corrisponde al rendimento figurativo degli incrementi di capitale dal 2011 in poi.

Questa agevolazione è stata soppressa dalla Legge di Bilancio 2019, rischiando di cadere nel dimenticatoio. Non è stato così, però: con la Legge di Bilancio 2020 – articolo 1, comma 287, legge 160/2019 – sono state infatti reintrodotte le disposizioni agevolative previste dal decreto legge 201/2011.

L’abrogazione della mini IRES

La Legge di Bilancio 2019 aveva abrogato l’ACE introducendo contestualmente la mini-IRES. Questo, sinteticamente, dava ai soggetti IRES e IRPEF l’opportunità di approfittare della tassazione ridotta degli utili reinvestiti in incrementi occupazionali e in beni strumentali. Si parlava dunque di un’aliquota IRES ridotta, la quale nella sua formula originale aveva attirato non poche critiche da parte degli operatori, tanto da arrivare a una revisione secondo l’art. 2 del D.L. n. 34/2019.

Ad ogni modo, la Manovra 2020 ha nuovamente cambiato le carte in tavola, abrogando la mini IRES che, di fatto, non è mai stata applicata. La reviviscenza dell’ACE, infatti, è posta in essere già a partire dal periodo d’imposta 2019.

L’applicazione dell’ACE e il nuovo coefficiente di remunerazione

Il risultato è un’applicazione senza interruzioni dell’ACE: il suo inaspettato ritorno in scena permette alle imprese italiane di computare sia l’utile dell’esercizio accantonato a riserva relativo al 2018, sia i versamenti e conferimenti dell’anno appena trascorso (così come è stato fatto per il 2018). Va inoltre sottolineato che le aziende possono computare tutti i conferimenti e gli accantonamenti utili a riserva registrati fin dall’inizio della storia dell’ACE, quindi dal 2011 in poi.

Come è noto, il coefficiente di remunerazione dell’ACE viene fissato su base annua. Per il 2016 era stata fissata un’aliquota del 4,75%, per il 2017 dell’1,6%, mentre per il 2018 dell’1,5%. Attraverso una leggera e ulteriore limatura, il nuovo coefficiente di remunerazione attuale è stato fissato all’1,3%.

Traducendo il tutto in numeri concreti, la detassazione per ogni milione di euro di incrementi netti sarà pari a 13.000 euro, con una riduzione di imposta nettamente minore a quella conosciuta in passato.

ACE e commercialisti: come individuare i beneficiari e calcolare l’importo deducibile

Per calcolare l’importo deducibile attraverso la rediviva ACE è necessario sommare sia i componenti a impatto positivo sul capitale, e quindi gli utili accantonati e i conferimenti, sia quelli a impatto negativo, ad esempio gli acquisti di aziende o di partecipazioni in società controllate e le riduzioni di patrimonio con attribuzioni ai soci. Il risultato deve essere confrontato al patrimonio netto contabile, per poi determinare l’incremento patrimoniale: a questo punto si dovrà moltiplicare il tutto per l’aliquota fissata per il 2019.

Per gli Studi commercialisti non è facile identificare rapidamente quali clienti possono effettivamente beneficiare di questa deduzione. Grazie ai gestionali per commercialisti di Zucchetti è però possibile effettuare in modo veloce e semplice delle simulazioni relative all’agevolazione ACE, così da disporre immediatamente dati affidabili dai quali partire per supportare al meglio i clienti.


 

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