Dal greco “krisis”: il significato della parola “crisi”
Il termine “crisi”, quanto mai attuale oltreché abusato dal linguaggio giornalistico, nasconde in realtà un significato molto diverso da quello che siamo abituati a conoscere e non mi riferisco alla sua derivazione più nota, quella cinese, che combina due caratteri “pericolo ed opportunità”.
Il termine “crisi” nel nostro dizionario ha una etimologia classica e deriva infatti dal greco antico, significa “scelta, decisione”.
Ciò che immediatemente fa riflettere è il cambio di prospettiva, passando da qualcosa che stiamo subendo o che, rifacendoci alla derivazione orientale, dovremmo affrettarci a cogliere una volta scampato il pericolo, ad un’ottica mediana dove le protagoniste, che dovremo pianificare con metodo e per tempo, sono le nostre scelte.
La crisi d’azienda e i criteri di valutazione
I criteri di valutazione con i quali abbiamo deciso di seguire un determinato percorso sono i fattori da analizzare per capire se questi, in qualche misura, hanno contribuito al manifestarsi dello stato di crisi.
Il periodo di crisi infatti, durante il quale siamo costretti a rallentare il ritmo di vita e di lavoro, spesso si rivela un momento importante per rileggere e valutare le scelte compiute nel tempo, analizzando le ragioni che ci hanno spinto a prendere le nostre decisioni.
Le misure che potremo adottare in tempo di crisi, forti di una ritrovata consapevolezza, potranno dunque determinare, in modo decisivo, l’assetto ed il livello di benessere che avremo una volta che la tempesta sarà passata.
La strategia nei confronti dei clienti azienda dovrà quindi essere orientata da elementi solidi come la lettura dei dati e la loro analisi scientifica, svolta con i mezzi più moderni a nostra disposizione.
Allerta e monitoraggio nella crisi d’impresa
Il monitoraggio costante dell’evolversi della situazione sarà l’elemento determinante nella pianificazione della strategia di contrasto agli effetti della crisi.
“O l’arrivo della notte o l’arrivo di Blücher” (Arthur Wellesley, duca di Wellington)
L’affermazione rimanda agli accadimenti della Battaglia di Waterloo, inizialmente chiamata dai francesi Battaglia di Mont Saint-Jean, le cui sorti sono state ampiamente indagate dagli storici come caso studio dal punto di vista strategico.
Ma perché questa citazione parlando di crisi d’impresa?
I due comandanti protagonisti della vicenda avevano una percezione diametralmente opposta di come sarebbe potuto terminare lo scontro, che venne influenzato da svariati fattori.
Napoleone la mattina del 18 giugno 1815 pensava di avere il 90% di probabilità di volgere il conflitto a suo favore, decise quindi di sferrare un attacco decisivo alle linee nemiche, rassicurato da alcuni successi ottenuti dai suoi reparti e dall’impressione, data dal rumore dell’artiglieria che si udiva dal suo quartier generale, che i rinforzi fossero in avvicinamento.
Le truppe guidate da Grouchy, comandante dell’ala destra dell’esercito, sembravano infatti giungere vittoriose per sostenere l’offensiva francese. In realtà Grouchy scelse di seguire gli ordini ricevuti in precedenza, che lo portarono verso sud a Wavre: non prestò attenzione ai nuovi segnali che emergevano dal campo di battaglia che avrebbero invece potuto indurlo a prendere per tempo la direzione verso Mont Saint-Jean.
Nello schieramento rivale, il duca di Wellington, a capo della settima coalizione, era preoccupato per le sorti della battaglia, aveva la consapevolezza di essere di fronte al caso più disperato che avesse mai dovuto affrontare.
Tuttavia riuscì ad intercettare un’informazione decisiva: un disertore, capitano della cavalleria francese, rivelò le intenzioni di Napoleone con sufficiente anticipo.
Inoltre il supporto tanto sperato da parte delle truppe guidate da Blücher, a cui si deve la citazione sopra riportata, arrivò in tempo utile a ribaltare le sorti del conflitto.
La rilettura in chiave moderna di questa pagina di storia, ci consente di mettere a fuoco, con chiarezza, un errore da non commettere nel delineare un piano strategico.
Non dobbiamo farci guidare da semplici impressioni, l’analisi dovrà poggiare su solide basi, sulla certezza dei dati e su informazioni aggiornate.
L’importanza di un modello scalare
Dopo diversi anni di esperienza come consulente presso gli studi professionali sono propenso a pensare che per fronteggiare una crisi generalizzata non ci sia un’unica soluzione funzionale a tutte le situazioni: le strategie scelte dovranno passare attraverso un processo decisionale ad hoc, pensato per ogni realtà seguita dallo studio professionale.
Al contrario sarà invece possibile scalare l’approccio metodologico grazie agli strumenti informatici di cui possiamo o, se me lo consentite, dobbiamo dotarci.
Il settore della Business Intelligence non è il futuro, ma un passaggio obbligato del presente che stiamo vivendo, l’unico viatico che può condurci ad ottenere approfondimenti scientifici in tempo reale, che ci permettono di pianificare la migliore strategia in tempo utile a raggiungere il risultato atteso, monitorando costantemente l’efficacia delle decisioni prese in modo rigoroso e puntuale.
Così facendo avremo sempre a disposizione tutti gli elementi per capire se, quando e quanti danni sono stati subìti, in modo tale da poter indagare le ragioni ad essi prodromiche e causali.
“Quelle affaire!” (“Che impresa!”)
È l’esclamazione di gioia che Blücher, non a caso in lingua francese, pronunciò nel salutare Wellington la sera dello scontro, che stava ormai volgendo al termine, e che li vedeva vittoriosi nei confronti di un nemico in apparenza troppo forte da affrontare.
Un legame di profonda vicinanza e fiducia si viene inevitabilmente a creare tra chi approccia un periodo critico riuscendo, sebbene con privazioni e sacrifici, a superare le difficoltà.
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