Vi è mai capitato di avere a che fare con imprenditori che hanno preso una decisione di business “a sensazione” per poi pentirsi qualche settimana dopo? Nelle micro-imprese e nelle PMI italiane, non di rado cresciute unicamente grazie alla abilità tecnica o alle relazioni dell’imprenditore, l’approccio è diffusamente restato altrettanto “artigianale”.

La gestione è affidata alle intuizioni e all’esperienza. In un mercato sempre più competitivo e volatile però, il mero fiuto imprenditoriale non basta più: servono strumenti di business intelligence per PMI per sostenere la crescita in modo misurabile e trasformare le buste paga e i registri contabili in insight utili, affiancando all’emotività un approccio analitico. Molto spesso, infatti, i numeri raccontano storie diverse dalla realtà percepita.

Disponiamo di fonti e software capaci di estrarre grafici, KPI e trend, eppure si rischia di continuare a decidere con il metodo “abbiamo sempre fatto così”.

Il valore strategico dei dati per le PMI

Alla domanda “Come pensa che evolverà la professione?”, la maggior parte dei professionisti risponde in modo deciso “Dobbiamo tornare a fare consulenza e smettere di occuparci di rilevazioni!”. Dunque, è ora di passare dall’intenzione all’azione!

Secondo i dati raccolti mediante l’Osservatorio Professionisti Zucchetti 2025, solo il 28% dei professionisti utilizza sistematicamente l’analisi dei dati per orientare le scelte strategiche dei propri clienti.

I professionisti hanno visibilità completa su fatture, bilanci, libri paga, flussi di cassa e contratti. Quanto di meglio ci sia per “sporcarsi le mani” ed entrare a piedi giunti nell’interpretazione dei numeri, ricorrendo ad analisi che possano aiutare gli imprenditori a osservare i fenomeni aziendali con la chiarezza e la lucidità che il solo istinto non consente di avere.

Con la ricchezza di dati oggi disponibile è possibile arrivare a determinare informazioni vitali per l’impresa, come costi per commessa, margini di prodotto, flussi finanziari, analisi di turnover, assenteismo, produttività per dipendente, soddisfazione clienti, efficacia dell’attività commerciale, tempi medi di chiusura degli ordini, e altro ancora.

Anche grazie a strumenti e software per l’elaborazione dei dati la professione si evolve: si esce dall’angolo delle registrazioni, delle elaborazioni e dei versamenti e si entra nel campo della consulenza, del supporto attivo e del miglioramento continuo. Solo così il professionista diventa un vero e proprio “coach d’impresa”.

Business intelligence: quattro leve per la crescita aziendale

In un contesto competitivo, l’adozione di un approccio data-driven permette anche alle micro e PMI di individuare nuove opportunità, prevenire criticità e migliorare la redditività.

Di seguito analizziamo quattro aree chiave in cui l’uso strategico dei dati può generare valore concreto per l’impresa.

1. Economia d’impresa

Con dati aggiornati su ricavi, costi diretti e indiretti, scostamenti rispetto al budget, si può aiutare l’impresa ad indirizzare la propria attività. Ad esempio, il budget di quest’anno è rispettato o si prospettano sorprese sgradevoli?

Piccoli accorgimenti che risolvono grandi problemi:

  • identificare voci di spesa che “mordono” il margine operativo;
  • pianificare ri-investimenti in attività a ROI elevato;
  • allertare l’imprenditore quando il cash flow prospettico va in rosso.

2. Area commerciale

Entrare nel merito dell’attività commerciale è sempre delicato, ma analizzare la pipeline vendite è come avere il termometro della salute dell’azienda. L’impresa deve ad esempio avere risposta immediata e costante a questi interrogativi:

  • quali clienti promettono di superare il fatturato dello scorso trimestre?
  • dove si concentrano le opportunità con maggiore probabilità di chiusura?
  • duali prodotti/servizi stanno perdendo/acquistando appeal sul mercato?

Con questi input, il professionista può suggerire riallocazioni di risorse o campagne mirate o evitare investimenti potenzialmente inutili.

3. Finanza e tesoreria

Cash is king (Il contante è re) dicono oltre oceano. Ma il controllo dei flussi di cassa è cruciale in questo caso e non è riservato alle grandi imprese: anche una micro-impresa ha bisogno di pianificare incassi e pagamenti e deve sapere se potrà pagare fornitori e dipendenti con regolarità, anche se ha un solo dipendente.

Quanti giorni può “resistere” un’azienda in caso di ritardi generalizzati degli incassi?

Ecco allora che accorgimenti come questi mettono al riparo:

  • report settimanali sui giorni medi di incasso e sulle dilazioni concesse;
  • simulazioni “what-if” (“cosa succedee se”) in caso di ritardi nei pagamenti più rilevanti;
  • indicatori di stress finanziario a breve termine.

4. Risorse umane

Il capitale umano è l’asset più critico. Eppure, spesso l’HR si limita a gestire stipendi e ferie, mentre le informazioni da rilevare e sulle quali ragionare su questo fronte sono molteplici.

  • analisi dei curricula;
  • analisi dei tassi di turnover per ruolo e seniority;
  • analisi delle cause di assenza;
  • correlazione tra formazione erogata e performance individuale;
  • monitoraggio dei livelli di engagement;

Conoscere questi elementi permette di intercettare fenomeni comportamentali, motivazionali e di performance e intervenire per tempo, riducendo i costi e migliorando la produttività complessiva.

4 Strumenti pratici per applicare la business intelligence nelle PMI

Per tradurre l’analisi dei dati in azioni concrete servono strumenti semplici ma efficaci, capaci di guidare le decisioni nel quotidiano. Ecco quattro strumenti operativi che ogni professionista può implementare insieme all’imprenditore per trasformare la business intelligence in risultati tangibili.

  1. Dashboard sintetica: bastano pochi indicatori chiave (KPI) scelti insieme all’imprenditore per avere ogni giorno la situazione sotto controllo. Ancor meglio se dallo smartphone.
  2. Confronto periodico: mensile o trimestrale secondo le esigenze con report sintetici e la possibilità di scendere rapidamente nell’approfondimento (drill down) per indagare le eventuali anomalie.
  3. Benchmark di settore: confrontare i propri dati con le medie di mercato ricavate da fonti esterne per capire se si è sopra o sotto la media.
  4. Testing: provare e simulare strategie, misurarne gli effetti e consolidare quella vincente.

L’importanza di un approccio data-driven per le micro e PMI

Basta attendere, basta rimandare.

Il mondo del business chiede sempre di più un approccio data-driven: non si tratta di un vezzo o una moda passeggera, ma una vera e propria necessità strategica. Commercialisti e consulenti del lavoro sono nella posizione ideale per guidare micro e PMI in questo percorso, trasformando i dati in consigli, suggerimenti e, soprattutto, risultati misurabili.

Il professionista non deve avere timore di invadere il campo dell’imprenditore perché anche un piccolo passo nella direzione giusta può fare la differenza tra un’azienda che naviga a vista e una che punta dritta al successo.

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