Se è vero che l’entrata in vigore dell’obbligo di emissione e conservazione digitale delle fatture elettroniche verso la Pubblica Amministrazione nel 2016 non aveva avuto l’effetto di avviare una vera e propria rivoluzione digitale all’interno degli Studi commercialisti, il discorso è invece cambiato con l’obbligo di fattura elettronica tra privati scattato nel 2019, con il quale il tema della dematerializzazione dei documenti è divenuto assolutamente centrale per ogni commercialista.

In questo contesto di cambiamento, non basta affrontare la conservazione digitale come un obbligo da assolvere con la semplice aggiunta di un software apposito per la digitalizzazione dei documenti: deve cambiare la gestione stessa dei processi all’interno dello Studio – considerato anche che per molti commercialisti si prospetta lo spettro della perdita di controllo sui dati contabili dei propri clienti.

La conservazione digitale: un ripasso su normativa e criteri di validità

Fino a qualche tempo fa a prevalere era il termine conservazione sostitutiva. Oggi si tende invece a parlare di conservazione digitale, per indicare quell’insieme di procedure atte a garantire la validità, dal punto di vista giuridico, di documenti di tipo digitale, sia nativi che digitalizzati a partire da originali cartacei.

Il processo di introduzione della conservazione digitale in Italia è arrivato al suo apice nel 2019, ma il percorso è iniziato anni fa: già dal 2004 i commercialisti possono avvalersi di supporti digitali per conservare la documentazione tributaria relativa ai propri clienti.

Ad oggi la conservazione digitale a norma è regolata dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2013 e dal Decreto Ministeriale del 17 giugno 2014. Tali normative permettono di conservare soltanto digitalmente un’ampia gamma di documenti differenti:

  • Fatture attive e passive, sia verso la PA che verso privati;
  • Ricevute e documenti contabili;
  • Registri Iva, Registri dei beni ammortizzabili, dichiarazioni fiscali e altre scritture contabili;
  • Modello di pagamento F23 e F24;
  • Bilanci di esercizio.

Tutti questi documenti devono essere conservati digitalmente in specifici formati (.pdf, .xml). In ogni caso, per essere considerato a norma, il processo di conservazione digitale deve garantire:

  1. l’autenticità del documento;
  2. l’integrità del file, che dunque non deve aver subito modifica alcuna;
  3. l’affidabilità del processo stesso, eventualmente attraverso apposita firma digitale;
  4. la leggibilità e la reperibilità, in quanto il documento conservato digitalmente deve poter essere letto senza difficoltà, senza limiti di spazio o di tempo.

Le opportunità per il commercialista

I vantaggi della dematerializzazione dei documenti sono noti. La conservazione digitale offre la possibilità – alle imprese e agli Studi professionali – di a) risparmiare tempi e costi di stampa, di ridurre al minimo l’ingombro fisico degli archivi documentali, di b) diminuire l’impatto ambientale del proprio processo documentale e c) di eliminare il rischio di perdita dei documenti.

Indubbiamente, la fattura elettronica B2B ha portato anche un po’ di stravolgimento negli Studi che non si sono preparati in modo adeguato a questa piccola rivoluzione: le attività di data entry sono state frazionate e, più in generale, i professionisti hanno dovuto fronteggiare un’inaspettata perdita di controllo sulla gestione contabile e tributaria dei propri clienti.

Il concetto, ormai, è chiaro: se non presidiata dallo Studio, la conservazione digitale non può che trasformarsi in una minaccia per il commercialista. Sta proprio qui la differenza tra il vivere la conservazione digitale come un obbligo o viverla come un’opportunità.

La tecnologia web-based per elevare la qualità del servizio di conservazione digitale

Anziché subire passivamente questo processo, lo Studio deve ritagliarsi un ruolo attivo all’interno del processo di conservazione digitale, supportando il cliente nella scelta degli strumenti e dei servizi, iniziando il prima possibile a collaborare in modo sinergico con gli attori specializzati nella digitalizzazione.

È qui che entrano in gioco le soluzioni Zucchetti per la conservazione digitale. Dal 2015 Zucchetti è conforme ai requisiti di cui all’art. 24 del Reg. UE 910/2014 eIDAS avendo conseguito la certificazione di prodotto per il servizio di Conservazione Digitale secondo la “Lista di Riscontro per le attività di vigilanza e certificazione di conformità v.1 del 14 aprile 2017” elaborata dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID).


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