Il Dl 21 settembre 2021, n. 127, intervenendo sul Dl 52/2021, estende ulteriormente l’ambito di applicazione dell’obbligo di certificazione verde COVID-19, il cosiddetto green pass, al mondo del lavoro pubblico e privato. In particolare, per quest’ultimo, le modalità d’impiego sono disciplinate dall’art. 3 del Dl 127/2021 che introduce l’art. 9-septies nel Dl 52/202. 

Per effetto di tale disposizione, dal 15 ottobre al 31 dicembre pv., termine dello stato di emergenza, sono obbligati, per accedere al luogo nel quale svolgono l’attività lavorativa, ad avere ed esibire il green pass, tutti i lavoratori del settore privato ed i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro afferenti al settore privato, anche sulla base di contratti esterni, ivi compresi i lavoratori autonomi ed i collaboratori non dipendenti. 

Sul piano sostanziale, non ha senso escludere i lavoratori impiegati con contratti differenti da quello di lavoro subordinato, anche se la norma sembra pensata per questi ultimi, in quanto essi introducono il medesimo rischio e ne sono assoggettati al pari dei lavoratori dipendenti. A chiarire i dubbi sono intervenute le ultime FAQ pubblicate dal Governo che chiariscono come il libero professionista, quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per lo svolgimento della propria attività lavorativa, viene controllato dai soggetti previsti dal decreto-legge n. 127 del 2021. 

Gli obblighi del titolare dello Studio

Il titolare di uno studio professionale, commercialista, consulente del lavoro, avvocato, che ha alle proprie dipendenze lavoratori subordinati e collaboratori, è dunque nelle medesime condizioni di qualsiasi altro datore di lavoro. 

Qualche dubbio è stato espresso per gli studi associati costituiti da più autonomi professionisti senza dipendenti dove risulterebbe complesso individuare il “datore di lavoro”. In presenza di un legale rappresentante, tenuto a svolgere tutti gli atti che impegnano la società verso l’esterno, la definizione potrebbe corrispondere, anche ai fini privacy, con l’art. 4 del Reg. (UE) 2016/679 dove il titolare del trattamento è la persona fisica o giuridica che singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità, le condizioni ed i mezzi del trattamento.  

Il professionista da solo in Studio

Anche coloro che svolgono la professione da soli presso il proprio Studio, secondo la definizione dell’art. 9-septies del Dl 52/2021 combinato con il Dl 12/2021 che recita: chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2, dovranno, per accedere al proprio luogo di lavoro, essere in possesso del Green pass, ragionevolmente a tutela del luogo e dunque della clientela che vi si rechi. 

Il professionista da solo in Studio, evidentemente non sarà controllato da terzi, ma tutti gli obblighi di possesso devono comunque ritenersi in capo al medesimo perché potrà essere chiamato a rispondere della responsabilità e della imputabilità delle sanzioni di cui al comma 9 dell’art. 9 – septies. 

L’accesso dei clienti

Qualche problema di interpretazione del DPCM permane sulla modalità di gestione degli accessi dei clienti che sembrano, in attesa di un chiarimento ministeriale, esclusi dalla verifica del green pass e quindi esclusivamente soggetti all’obbligo di adottare il protocollo di cui all’allegato 9 DPCM del 2 marzo 2021ovvero la misurazione della temperatura e la mascherina indossata. 

Al fine di evitare sanzioni, anche gli Studi professionali dovranno produrre alcuni documenti come la nomina del verificatore che utilizzerà l’app Verifica19 su smartphone dello Studio, compreso di incarico al trattamento dei dati personali; predisporre le informative per lavoratori interni ed esterni, anche brevi, in prossimità del luogo di lavoro; produrre la Procedura per l’organizzazione delle verifiche del green pass;  preparare verbali di verifica e contestazione per mancato possesso della certificazione; aggiornare il  Registro dei trattamenti (art. 30 del GDPR) ed il Modello organizzativo privacy. 


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