Smart working, da soluzione di emergenza a nuovo modello operativo di gestione dello studio: la rivoluzione culturale e tecnologica per rendere davvero “agile” il lavoro.
In questi giorni di febbrile lavoro dell’esecutivo per contenere il rischio di contagio arriva l’ennesima conferma dell’importanza dello smart working per la sicurezza e la tenuta economica del Paese. La volontà del governo è quella di alzare il livello di guardia per evitare un nuovo lockdown: tra le misure al vaglio un nuovo potenziamento dello smart working. E tutto questo dopo la proroga dello stato di emergenza al 31 gennaio 2021, rinviando quindi nel tempo una data inizialmente fissata al 15 ottobre: ne risulta che le aziende potranno fare ricorso allo smart working in modalità semplificata almeno fino alla fine di gennaio.
La motivazione di queste decisioni è chiara, essendo il distanziamento sociale indispensabile per contenere il contagio da Covid-19. Non stupisce quindi che lo smart working sia una modalità lavorativa diffusa anche negli studi professionali, che nella quasi totalità dei casi hanno continuato a essere operativi attraverso il lavoro agile anche durante il lockdown e hanno continuato – almeno parzialmente – con questo metodo anche durante la fase due. Ma cosa significa che, grazie alla proroga dello stato di emergenza fino a fine gennaio 2021, sarà possibile continuare ad adottare lo smart working in modalità semplificata?
L’attivazione dello smart working durante lo stato d’emergenza
La legge italiana prevede che, per ricorrere al lavoro agile, le aziende debbano obbligatoriamente stipulare degli accordi mirati e individuali con ogni singolo dipendente coinvolto. La Legge n. 81/2017, su questo aspetto, non lascia spazio a dubbi. A cambiare – temporaneamente – le carte in tavola è intervenuta però l’introduzione, a marzo, dello stato di emergenza. Per ridurre al minimo i contatti tra persone, nonché per aiutare i genitori durante la chiusura totale delle scuole, si è infatti deciso di semplificare, velocizzare e incentivare l’attivazione del lavoro agile. E, per l’appunto, questa modalità semplificata di adozione dello smart working resterà in vigore almeno fino al 21 gennaio 2021.
Ne risulta quindi che, per attivare il metodo di lavoro agile con i propri dipendenti, l’azienda – o nel nostro caso lo studio professionale – debba effettuare pochi e rapidi passaggi, in primis inviare al Ministero del Lavoro l’elenco dei lavoratori che intendono usufruire dello smart working, attraverso il portale www.lavoro.gov.it. Ai dipendenti (come al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) dovrà essere consegnata un’informativa relativa alle precauzioni da adottare durante il lavoro agile, da restituire firmata. Effettuati questi passaggi, è possibile attivare lo smart working.
La riorganizzazione delle attività di studio per rendere più efficiente lo smart working
Lo smart working continuerà a essere centrale nell’attività quotidiana degli studi professionali. Non si tratta più di un modello adottato in fretta e furia in via emergenziale, da mantenere attivo per un ristretto periodo di tempo. Al di là dei decreti che seguiranno nelle prossime settimane, è ormai certo che molti studi continueranno ad adottare almeno parzialmente questo metodo di lavoro, il quale garantisce una lunga serie di benefici per lo studio e per i suoi collaboratori.
Ma come in questi mesi sono stati compresi dai più i vantaggi del lavoro agile, parallelamente si è capito anche che non basta attivare lo smart working dal punto di vista normativo per sfruttarne tutte le potenzialità: è necessaria una profonda riorganizzazione delle attività dello studio. Si tratta prima di tutto di una rivoluzione culturale che deve essere guidata dallo studio attraverso un’attenta regia, partendo da una definizione chiara degli obiettivi e dei risultati da raggiungere, senza però rischiare di imporre un monitoraggio eccessivo dell’attività e dei comportamenti dei collaboratori.
Attivare lo smart working e gestirlo in modo efficace si traduce in una rinnovata organizzazione degli spazi, dei tempi e dei modi lavorativi, con il concetto stesso di lavoro che si discosta completamente dall’essere un “luogo” per diventare solo e unicamente un’attività. Deve cambiare l’organizzazione del lavoro, deve evolversi la comunicazione verso i collaboratori, deve aumentare il livello di fiducia all’interno dello studio. Alla trasformazione culturale deve ovviamente seguirne una tecnologica, con l’adozione dei necessari strumenti per rendere possibile ed efficace il lavoro da remoto e permettere il costante collegamento tra lo studio e i propri collaboratori.
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