I numeri lo dimostrano: il passaggio degli studi professionali verso l’attività consulenziale è ormai inarrestabile. Si pensi per esempio al commercialista, che dall’offrire delle attività meramente fiscali è ormai nella maggior parte dei casi passato a offrire anche servizi aggiuntivi di diverso tipo, dalla revisione legale alla consulenza sulla crisi d’impresa, per arrivare al supporto nel delineare la strategia d’impresa.

E un discorso simile può essere fatto anche per quanto riguarda i consulenti del lavoro, il cui ambito di competenza risulta oggi molto più ampio.

A confermare questo passaggio è il primo Osservatorio Professionisti Zucchetti 2023, realizzato a partire dall’analisi di un campione costituito da circa 1.000 studi professionali italiani, scelti per essere rappresentativi della realtà nazionale quanto a distribuzione geografica, specializzazione e dimensione (il 66% del campione conta fino a 5 collaboratori, il 23% meno di 10, il 9% da 11 a 20, il 2% più di 20 collaboratori).

Digitalizzazione in azienda: il cambio di ruolo e di mentalità

Il passaggio verso l’offerta di servizi sempre più consulenziali e in ambito strategico è generalizzato. Senza quindi soffermarsi sulla dimensione dei diversi studi, il 60% del campione ha dichiarato di offrire dei servizi aggiuntivi oltre a quelli distintivi e tipici della propria professione.

E questi “nuovi” servizi costituiscono spesso una parte importantissima delle entrate: un quinto dei rispondenti ha infatti dichiarato che proprio dai servizi aggiuntivi deriva oltre il 20% del proprio fatturato. Il ruolo dello studio è cambiato, e i professionisti ne sono consapevoli, con il 70% dei rispondenti che conferma di svolgere un ruolo definito strategico nella definizione degli obiettivi dei rispettivi clienti.

Di certo il passaggio non può essere improvvisato, con l’attività consulenziale che richiede nuove competenze. Per rispondere a questa esigenza gli studi ricorrono sia a nuove sinergie con altre specializzazioni, sia alla formazione interna (più del 70% degli studi ha spiegato di proporre dei piani di aggiornamento).

L’importanza della digitalizzazione in questa transizione

Non ci sono dubbi nell’affermare che questo importante cambiamento è stato incoraggiato soprattutto da due fattori: da una parte, dalle mutate condizioni dell’organizzazione del lavoro risultanti dall’emergenza sanitaria; dall’altra, dalla rivoluzione digitale partita dalle pubbliche amministrazioni.

La digitalizzazione sta dunque accompagnando e supportando il percorso di cambiamento degli studi, tanto è vero che in media più del 90% dei rispondenti è convinto che la digitalizzazione può dare al professionista un ruolo più strategico nei confronti delle aziende.

Dalle informazioni raccolte dall’Osservatorio è possibile individuare cinque attitudini digitali vincenti negli studi professionali italiani del 2023:

· L’utilizzo sistematico di app e portali web integrati ai gestionali per lo scambio di informazioni con i clienti dello studio;

· L’uso di software appositi per il controllo automatizzato dell’elaborazione dei cedolini;

· L’offerta di servizi aggiuntivi, in particolare per la gestione delle presenze, delle note spese, del reclutamento e del welfare;

· L’uso di strumenti di analisi per sfruttare al meglio le informazioni disponibili;

· La formazione e lo sviluppo continuo dei collaboratori, per l’offerta dei nuovi servizi aggiuntivi.


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